''Petrolio e Sangue'': nota di Giuseppe Giuzio (FdI)

Prendo in prestito il titolo di un convegno "Petrolio e Sangue", tra l'altro mai realizzato, per intervenire sulla materia del petrolio e le sue ripercussioni sul tessuto sociale, culturale ed economico della regione Basilicata. Premesso che il petrolio è una risorsa a tempo e va coniugata con ambiente, economia e sviluppo e come tale analizzata e che quando, nel lontano 1998, si decise di stravolgere l'economia della Basilicata non si procedette a individuare causa/effetto dell'impatto del petrolio sull'ambiente e sul tessuto socio-economico, chi si trovò a dover decidere in merito si fece abbagliare del luccichio di qualcosa che non era prezioso ma tutt'altro. Vari sono stati i tentativi negli anni seguenti per regolarizzare e ridistribuire sul territorio lucano i proventi delle estrazioni: dal memorandum dell'art. 16 D.L. Liberalizzazioni all'incostituzionale Moratoria sino alla norma pittelliana per svincolare le Royalty dal patto di stabilità. Tentativi appunto, perché tutti, in un modo o un altro, sono falliti. Nell'ultimo consiglio dei ministri, addirittura, ci è stato detto che non saremo più noi a decidere del nostro territorio e che lo stato avoca del tutto a sè le decisioni sulla materia energetica, alla faccia del titolo V della costituzione. Facendo tra l'altro capire, senza mezzi termini, che se i lucani vogliono sopravvivere - si sopravvive svincolando le Royalty dal patto di stabilità - è necessario, ancora una volta, subire e sottostare alla trivellazione selvaggia del nostro sottosuolo. Una minaccia bella e buona a cui reagire con forza, è tempo di rispolverare il carattere "brigantesco" che appartiene alla nostra terra. Il consiglio dei ministri deve capire che i lucani non sono disposti a sottostare a minacce o ritorsioni e che la nostra è gente fiera che non abbassa la testa. La Basilicata galleggia sul giacimento petrolifero più ricco dell'Europa continentale, vengono pompati centinaia di barili di greggio e milioni di metri cubi di gas: si tratta di oltre l'80% della produzione nazionale in grado di coprire circa il 10% del fabbisogno. Era legittimo aspettarsi che con lo sfruttamento dei giacimenti lucani la nostra terra avrebbe avuto compensazioni in termini di sicurezza ambientale, infrastrutture e soprattutto lavoro. In teoria soldi del petrolio dovrebbero essere destinati a favorire la crescita economica lucana, in pratica i fondi, quelli utilizzabili, tappano i buchi. Pittella ha fatto approvare al Consiglio regionale una norma che svincola i proventi del petrolio dal patto di stabilità, ora dimostri di avere il "fegato" - visto che la norma, a quanto pare, non è stata impugnata dal governo - di utilizzare quelle somme, ridando ossigeno all'economia nostrana; ovvero valuti ed approvi la Proposta di Legge sul petrolio depositata in consiglio Regionale da Fratelli d'Italia - AN con cui si chiede l'aumento delle royalty, la moratoria decennale delle estrazioni e la riduzione del prezzo del carburante. I lucani ,siamo sicuri, apprezzeranno. Dalle "minacce velate" bisogna passare ai fatti concreti, visto che il governo ci vuole sudditi supini, bisogna dire con chiarezza che abbiamo già dato, basta ulteriori estrazioni.