Gioco d’azzardo, la situazione 'no slot' premia la Basilicata

POTENZA - L’Italia non ci sta più, ed è passata al contrattacco. La diffusione del gioco d’azzardo, con quasi 800.000 casi di ludopatia certificati all’interno del Paese, ha spinto da qualche anno i diversi enti locali a prendere provvedimenti per contrastare il fenomeno. La speranza iniziale era spianare l’intervento dello Stato, che con una legislazione unica avrebbe sistemato la situazione, ma le dimissioni di Renzi hanno rimandato di alcuni mesi la questione. Che ora dovrebbe venire presa in mano dal governo Gentiloni, ma il condizionale è d’obbligo. Di sicuro una soluzione univoca è necessaria, come dimostra la situazione nelle diverse regioni.

Comuni in prima linea per combattere la ludopatia

L’allarme scatta soprattutto nelle zone che avevano preso a cuore la rifondazione del sistema gioco d’azzardo. Quando il problema è venuto alla luce in Italia (nel 2012), la Liguria e la provincia di Bolzano hanno pensato ed emanato leggi specifiche contro le scommesse. La linea guida prevedeva ancora il contenimento dell’azzardo e non certo il suo abbattimento, ma l’impressione era che un pugno duro da parte dello Stato sarebbe stato accolto con entusiasmo. Ad oggi la situazione è cambiata, con diversi comuni liguri che non hanno comunicato i dati relativi alla ludopatia. L’unica certezza è che 367 cittadini sono in cura presso strutture per il recupero dal GAP, 66 in più rispetto all’anno precedente. Le statistiche raccolte nella provincia alto atesina non sono più incoraggianti: la percentuale di ludopatia è indicata introno all’1,5%, che sale al 4% contando i casi “soltanto problematici”.

Le difficoltà nell’arginare il fenomeno

Se i pionieri dei provvedimenti no slot non passano momenti entusiasmanti, nemmeno chi ha intrapreso la strada in seguito può davvero sorridere. Abruzzo ed Emilia-Romagna non hanno voluto fornire dati ufficiali, nonostante i 150.000 euro spesi da quest’ultima regione nel 2013 per la costruzione di centri per prevenzione e cura del GAP. Nonostante l’istituzione di Osservatori regionali, né Toscana né Lazio (quest’ultima al secondo posto nella classifica nazionale per volume di gioco) hanno numeri a disposizione per garantire i buoni risultati delle rispettive campagne contro l’azzardo. Ancora più indietro la Puglia, dove i fondi per l’Osservatorio sono appena stati stanziati.

La situazione in Basilicata

In questa situazione di difficoltà generale, la Basilicata si trova in una posizione almeno più tranquilla. La legge contro il gioco d’azzardo è datata 2014, due anni dopo le prime sperimentazioni arrivate dal settentrione. La forza della sua applicazione è però stata ribadita anche di recente, quando il Consiglio regionale ha approvato una mozione per impegnare la Giunta a tutelare le leggi locali contro il Gioco d’Azzardo Patologico. Decisione tutt’altro che scontata, perché non perseguita anche in zone che si erano mostrate fortemente innovative nella legislazione (come la già citata provincia di Bolzano). Anche per merito di questi provvedimenti, la Basilicata si conferma tra i luoghi con la minor percentuale di giocatori. Non a caso nella classifica nazionale la regione si trova al terzultimo posto, con una raccolta da 486 milioni di euro all’anno. Meno giocatori soltanto gli abitanti di Molise e Valle d’Aosta, che però possono contare su una quantità di centri scommesse ben più limitata. Le cifre rispetto ad altre regioni sono impietose: la Lombardia ha una raccolta da 14 miliardi, il Lazio 7. Da questi numeri è evidente che la spinta per fermare (o almeno rallentare) il gioco d’azzardo non può arrivare dalla Basilicata, dove il fenomeno è poco sviluppato. Intanto però la regione ha mostrato una solidità di organizzazione al di sopra della media nazionale.