POTENZA - La sinistra italiana ha rinunciato da tempo immemore ad occuparsi della “questione meridionale “, considera il tema poco attrattivo ed è rimasta silente al cospetto di politiche
nazionali che hanno tradito le aspettative suscitate dal passaggio dalla Cassa del Mezzogiorno
all’intervento strutturale teso al riequilibrio del divario economico, infrastrutturale e sociale tra il
Sud ed il Centro-Nord. Negli ultimi tre decenni, lo Stato non ha mantenuto gli impegni di
attribuzione del 40% della dotazione del proprio Bilancio in favore delle regioni meridionali, e non
si è premurato di verificare che Anas, Ferrovie, Enel, Poste, Finmeccanica e ogni altra azienda o
società pubblica investisse lo stesso importo nel Mezzogiorno. Soppresso l’intervento straordinario
sono rimasti soli i fondi strutturali europei combinati con i fondi di coesione nazionali a sostenere le
politiche di sviluppo per il Sud, ma l’impegno dello Stato prevedeva l’obbligo di attribuire con i
Bilanci ordinari i fondi spettanti in base al numero degli abitanti, e a tali importi si sarebbero dovuti
aggiungere le risorse comunitarie. Ad eccezione della fugace stagione della programmazione
negoziata dal basso avviata dal primo Governo Prodi tra il 1996 ed il 1998, i Governi che si sono
succeduti si sono sistematicamente tenuti alla larga dalla crisi del Sud per timore di incorrere negli
strali della Lega Nord e della vulgata della grande stampa nazionale sull’inaffidabilità delle classi
dirigenti del Meridione. E’ indubbio che la borghesia collusa, parassitaria e clientelare del Sud è la
principale responsabile dell’allargamento della forbice di tutti gli indicatori statistici col CentroNord,
ma la via d’uscita non era, non è, e non potrà mai essere quella di abbandonare le terre
meridionali al proprio destino. Occorre uno scatto d’orgoglio delle comunità del Sud che obblighi
tutte le forze politiche italiane ad interrogarsi sull’inaccettabilità di un’Italia a due velocità, andando
oltre lo status quo di un PD che ha suddiviso il Patto per il Sud in 16 Patti sottoscritti con le otto
regioni e le otto città principali senza alcuna strategia di sviluppo e coesione complessiva. Mancano
pochi mesi alla fine della legislatura ma nessun Movimento, Partito o Coalizione, pone la Questione
Meridionale come una priorità della prossima agenda politica nazionale, non ci sono analisi, manca
la volontà e permane una diffusa ritrosia ad occuparsi con dati scientifici, studi accurati e proposte
innovative, di un problema che si trascina irrisolto dall’Unità d’Italia. Non sorprende la distrazione
storica della destra da sempre subalterna agli interessi dei potentati del Nord, nel mentre colpisce la
carenza di idee del Movimento 5 Stelle che si limita a cavalcare il malcontento generato dai
fallimenti del PD ma non avanza alcuna proposta concreta sul da farsi. La sinistra non riesce a
riprendere il tema, indica l’esperienza di Napoli come modello, si spacca a Taranto, non viene
ancora percepita come un polo attrattivo di cambiamento dai cittadini, ed è alle prese col rischio di
non avere più una presenza in Parlamento, se la nuova legge elettorale punterà ai collegi
maggioritari o alzerà al 5% la soglia di sbarramento. In un recente ricovero ospedaliero a Modena
ho incrociato un anziano calabrese che in modo stringato ha asserito : < …non ho potuto studiare
perché eravamo 10 figli e la famiglia era povera….per lavorare sono stato 23 anni in
Svizzera….dopo tanti sacrifici ho fatto studiare i miei figli e costruito una casa…..oggi uno
andrà a vivere a Carrara e l’altra lavora da anni qui a Modena…..mi hanno chiuso gli ospedali
più vicino e ho dovuto trasferirmi nella periferia modenese dove pago 600 euro al mese di fitto e
non conosco nessuno……..NEL SUD NON ABBIAMO PIU’ NEMMENO IL DIRITTO DI
MORIRE A CASA NOSTRA…). L’amarezza di Pantaleo fotografa il dolore di un Sud umiliato
che non merita di essere dimenticato !
Così in una nota Michele Petraroia, Direzione Nazionale Sinistra Italiana.