M5S: "Il Cova-Eni non può riaprire"

POTENZA - Ritorna l'incubo delle estrazioni petrolifere in Val d'Agri. L'Eni, qualche giorno fa, ha annunciato che è pronta a riaprire il Cova di Viggiano che è stato chiuso a fine aprile scorso a causa di una fuoriuscita di petrolio che si riversava nei terreni della Val d'Agri. La notizia è stata data durante una conferenza stampa, in cui la multinazionale del petrolio ha sostanzialmente detto che il problema è stato del tutto risolto e superato.
In particolare, l'Eni ha fornito quattro informazioni: il serbatoio D, dal quale era fuoriuscito il greggio, perché aveva un foro di 24 mm, è stato riparato ed è stato dotato di un doppiofondo di sicurezza; delle 400 tonnellate di idrocarburi finiti nei terreni, 300 tonnellate sono state recuperate; le falde acquifere della Val d'Agri non sono state contaminate.
Se così fosse, sembrerebbe che non ci sia più da preoccuparsi e che il grave allarme ambientale, scattato a gennaio scorso, sia stato eccessivo e ingiustificato.
Invece, sappiamo bene che non è così e che la reale situazione è ancora tutta da definire, considerato che le negligenze, le coperture, i silenzi e i mancati controlli degli anni scorsi hanno già provocato danni enormi.
Le questioni poco chiare sono ancora molte e le istituzioni preposte devono dar conto ai cittadini di tantissimi aspetti che sono rimasti senza risposte. Risposte, che non possono essere date dall'Eni che è responsabile di quanto avvenuto (il controllato non può fare il controllore di se stesso).
Pertanto, se la Regione Basilicata e il governo nazionale non vogliono prendere atto che l'unica strada da percorrere per salvare la Val d'Agri e l'acqua dell'invaso del Pertusillo, sia quella di interrompere in via definitiva le estrazioni petrolifere e di avviare una bonifica di tutto il territorio, ci aspettiamo che l'Eni non riapra il Cova se prima non verrà fatta chiarezza su molteplici interrogativi.
Interrogativi che vogliamo elencare uno per uno, affinché non ci siano equivoci e affinché i soggetti istituzionali, che sono tenuti ad effettuare i controlli e a tutelare gli interessi generali dei cittadini, si assumano fino in fondo le proprie responsabilità.
1) L'Arpa di Basilicata, l'Ispra del ministero dell'Ambiente e la Procura di Potenza, che ha aperto un indagine dopo aver appreso della fuoriuscita di greggio dal Cova, sono in grado di spiegare con esattezza cosa è avvenuto e cosa hanno appurato finora i propri tecnici e periti?
2) Chi, e come, ha certificato  e verificato che siano state sversate solo 400 tonnellate di idrocarburi e che 300 tonnellate siano state già emunte dai terreni inquinati?
3) L'Eni ha dichiarato che ha dotato di doppiofondo due serbatoi di stoccaggio su quattro. Gli altri due in che stato sono? Chi assicura che da questi due serbatoi non ci possano essere ulteriori problemi con relativa fuoriuscita di petrolio.
4) I ministeri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente, l'Unmig, l’Ispra, e la Regione Basilicata, attraverso l’Arpab e i suoi dipartimenti, hanno verificato se l'Eni ha ottemperato a tutte le prescrizioni di prevenzione e messa di sicurezza di emergenza, oltre che al piano di caratterizzazione e ammodernamento del Centro Olio? Hanno esaminato gli esiti delle ispezioni effettuate all’interno e all’esterno del Cova per accertare l’efficacia delle misure di contenimento dell’inquinamento messe in atto?
5) E' sicuro che nelle falde acquifere del fiume Agri e nell'acqua della diga del Pertusillo non ci siano idrocarburi, considerato che non c'è chiarezza sull'affidabilità delle numerose analisi fatte finora, tant'è che la Regione Puglia ha stanziato un milione di euro per effettuare analisi autonome rispetto a quelle diffuse dall'Arpa di Basilicata e da Acquedotto pugliese?
6) Sono stati conteggiati i danni prodotti dallo sversamento di petrolio? E' stata predisposta una bonifica delle aree coinvolte? Chi dovrà sostenere i costi dei danni e della bonifica?
7) E' vero che la Regione Basilicata ha autorizzato, in via sperimentale per 20 giorni, un impianto mobile di trattamento delle acque reflue del Cova, nonostante le associazioni ambientaliste di Basilicata e Puglia protagoniste della marcia Salvalacqua lo scorso 27 maggio a Matera, abbiano inoltrato una diffida formale con cui evidenziano che il progetto di trattamento mobile delle acque reflue (Simam) deve essere prima sottoposto alla Via (valutazione di impatto ambientale) e che al momento non risulta pubblicato sul sito della Regione Basilicata alcun decreto di compatibilità dell’impianto?
Senza queste risposte, è evidente che il Cova non possa essere autorizzato a riaprire.
E' anche evidente che, dopo questo incidente, la Regione e il governo nazionale sono tenuti, ancora più di prima, a spiegare ai cittadini perché non prendono atto del fallimento e dei disastri prodotti dalle attività petrolifere in Val d'Agri e perché non decidono di bloccare in via definitiva le estrazioni e di avviare un piano di bonifiche.
Il M5S, dal canto suo, continuerà a fare tutto quello che una forza di opposizione può fare e continuerà, in tutti i modi, a controllare e tallonare l'Eni, la Regione e il governo Gentiloni.
In più, dopo i due esposti presentati alla Procura di Potenza, continuerà ad insistere affinché ci sia il pieno rispetto delle norme vigenti in materia ambientale e sanitaria e l'applicazione della nuova legge sugli ecoreati.
Così in una nota Piernicola Pedicini, Eurodeputato del M5S.