"La Clinica Luccioni torna a bussare alle porte di mamma regione"

POTENZA - La vicenda relativa alla ex Clinica Luccioni (ora Istituto Clinico Lucano), nonostante una leggina ad hoc varata a fine 2015 per scongiurarne la chiusura, continua a tenere banco a causa dello stato di agitazione dei 32 lavoratori licenziati.
A novembre 2015, una maggioranza trasversale votò un provvedimento volto a dare una boccata di ossigeno all’istituto, al quale il Consiglio di Stato aveva negato il  rinnovo dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività per via di carenze strutturali non più compatibili con le norme vigenti. La legge regionale 51/2015 consentiva la prosecuzione delle attività dell’istituto imponendo la presentazione di un progetto esecutivo con cronoprogramma vincolante per l’ultimazione dei lavori di adeguamento ai requisiti previsti dalla normativa vigente, il tutto entro il 31 dicembre 2016. Nell'impossibilità di procedere con l’adeguamento, la legge regionale consentiva il trasferimento in altra sede idonea mediante presentazione, entro tre mesi, di apposita istanza di trasferimento nel rispetto delle previsioni di cui al decreto del ministro della Salute n. 70/2015 e del Piano sanitario regionale, con termine fissato al 28 febbraio 2017.
Pur continuando ad esercitare la propria attività nella sua sede storica, la clinica ha proposto il piano di adeguamento e trasferimento,  adempiendo alle prescrizioni della normativa. La Regione ha autorizzato il trasferimento a febbraio 2017 per 80 posti letto complessivi, di cui 60 in accreditamento e 20 per la libera imprenditoria.
I problemi caldi, ora, sono quelli relativi alla gestione del contratto con ASP e all’autorizzazione da parte della Regione. L’ASP, nel dicembre 2016, ha sospeso il contratto in essere con la struttura privata Clinica Luccioni per l’acquisto di prestazioni sanitarie ospedaliere in regime di ricovero. Il contenzioso che ne è sorto ha portato al provvedimento di licenziamento per 32 lavoratori.
Ma perchè l’ASP ha sospeso il contratto? Stando a quanto dichiarato in commissione dal D.G. dell’ ASP, Giovanni Bocchicchio, l’azienda sanitaria ha avviato una serie di verifiche a seguito di alcune richieste di modifica (un non trascurabile ritocco delle cifre) della fatturazione per le prestazioni effettuate da parte della clinica. Dall’esame di 115 cartelle cliniche del triennio 2013-2015 sarebbero emerse notevoli criticità: modifiche grossolane, cancellazioni, cambi di diagnosi (importanti per la quantificazione delle prestazioni) nonché la presenza di personale impegnato contemporaneamente su due sale operatorie. Tutte inadempienze che hanno indotto alla sospensione del contratto. L’ASP ha poi analizzato lo storico delle fatturazioni della clinica Luccioni per poter rilevare effettive corrispondenze e per eventualmente correggere il tiro. Da questi approfondimenti sarebbero emersi ancora criticità tali da aggravare ancora di più la situazione in quanto, le presunte irregolarità, sarebbero state una sorta di prassi all’interno della clinica. L’ASP non intende tornare sui suoi passi e, vista la gravità dei fatti, ha deciso di sospendere i pagamenti per le prestazioni ambulatoriali poiché non vi sarebbero le condizioni minime di sicurezza per il trattamento dei pazienti.
In commissione sono stati auditi anche i rappresentanti della Luccioni che ovviamente hanno prodotto la loro memoria, sottolineando le divergenze sulla valutazione delle prestazioni. La discussione ha avuto passaggi molto tecnici e complessi, sui quali è francamente difficile esprimere una valutazione nel merito.
A margine di questo contenzioso fatto di numeri, codici di prestazioni, cartelle cliniche e fatture,  a farne le spese sono i 32 lavoratori licenziati e i pazienti, ormai declassati a grado di clienti ai quali viene sottratto un servizio. Ancora una volta emergono le contraddizioni che hanno caratterizzato la gestione della sanità nella nostra regione: da una parte strutture pubbliche che fanno i salti mortali per garantire il diritto alla salute e dall’altra imprenditori anomali, incapaci a sopravvivere senza il cordone del contributo pubblico.
Visti i parecchi milioni di euro in ballo, l’augurio è quello che questa vicenda non si trasformi in un mega contenzioso a scapito delle casse regionali. Ovviamente il nostro pensiero va anche alle 32 persone rimaste senza lavoro in balia delle velleità e capricci di imprenditori poco accorti.
Così in una nota Gianni Perrino, portavoce M5S Basilicata - Consiglio Regionale.