Discariche lucane: a pagare "il conto" sono i cittadini e l'ambiente


Da alcune agenzie di stampa apprendiamo, con molta preoccupazione, che i militari della Stazione Carabinieri Forestali di Salandra hanno sequestrato un’area di circa 400 metri quadrati all’interno della discarica di rifiuti non pericolosi situata in località “Piano del Governo” dello stesso paese in seguito alla fuoriuscita di percolato dalla vasca di raccolta e dal terreno circostante. Materiale poi confluito verso il torrente “Gruso”.

Pare che i prelievi di percolato siano stati incostanti e sempre più scarsi negli ultimi anni, in contrasto con quanto prescritto dall’autorizzazione regionale. Quest’ultima prevede che la raccolta e l’allontanamento delle acque di percolamento prodotte dalla discarica debbano avere modalità e frequenza tali da garantirne la completa rimozione.

Quella appena rilevata, purtroppo, è “solo” una delle tante vicende negative che costernano l’ambiente e i cittadini lucani. Recenti, infatti, sono il sequestro dell’Itrec di Rotondella, la certificazione (da parte dell’ex Asl n. 4 di Matera) della presenza di trialometani oltre i limiti consentiti nelle acque potabili del metapontino, senza parlare delle annose questioni legate alle estrazioni di petrolio in Val d’Agri.

Chi sia il responsabile di quanto accaduto nel comune della collina materana non spetta a noi dirlo. È doveroso ricordare, però, che nel febbraio del 2012, la Commissione europea aveva comunicato al Governo italiano l’esistenza - in Italia - di 102 discariche in violazione dell’art. 14 della Direttiva 1999/31/CE, dando avvio alla procedura di infrazione n. 2011/2215. Per la regione Basilicata la procedura riguardava 23 siti preesistenti, tra cui anche quello di Salandra.

La discarica in oggetto è stata realizzata nel 1992 ed è stata chiusa nel 2014, dopo 22 anni ininterrotti di attività. Oltre al progetto di bonifica “post mortem” del sito, erano previste: la copertura dello stesso, la piantumazione per riportarlo al verde e la captazione del biogas per cui l'impianto di Piano del Governo era già predisposto (attività di cui non si conosce bene l’effettiva realizzazione).

Mentre la Regione Basilicata vantava di aver definito gli strumenti finanziari per far fronte al problema delle proprie discariche irregolari (in particolare, il 2 maggio 2016 Pittella sottoscriveva con Renzi il “Patto per lo sviluppo della Basilicata”, in cui presentava le risorse finanziarie necessarie per l’esecuzione degli interventi indispensabili al superamento della procedura d’infrazione comunitaria), la Corte di Giustizia europea aveva già condannato il nostro Paese al pagamento di una multa complessiva di 42 milioni di euro l’anno. In più, secondo la sentenza di condanna, si sarebbe dovuto versare una penalità semestrale per i ritardi nelle mancate bonifiche.



In realtà, lo stanziamento de facto delle risorse finanziarie per le discariche in infrazione arriva solo “oggi”, ovvero a circa 2 anni dall’annuncio (e a 6 anni dalla summenzionata comunicazione della Commissione europea). Con la delibera adottata dalla Giunta regionale della Basilicata lo scorso 23 marzo, infatti, sono stati (finalmente) finanziati gli interventi per chiudere e bonificare 13 discariche lucane in infrazione. Il totale dei fondi erogati è di 14,55 milioni di euro; 4 dei quali per sito di Salandra.




Tutti gli elementi fin qui riportati mettono in chiara luce la scarsissima efficienza dei governi targati Centrosinistra, a cui si sommano i danni che l'Italia (ha subìto e) subisce per via della manifesta inadeguatezza di gran parte della sua classe dirigente. Purtroppo, anche in questo caso, a pagare “il conto” saranno i cittadini e l’ambiente.