POTENZA - Fratelli d’Italia e Alleanza Nazionale, due storie diverse, un solo sogno: un’alleanza
popolare, una fratellanza, un legame di comunità attorno al grande valore della
Nazione italiana.
Un nodo tricolore che unisce storie, volontà ed energie diverse nello stesso destino
e in una nuova speranza.
L’esperienza di “Officina per l’Italia” ha dato vita ad un nuovo movimento politico
che, grazie all’appello lanciato da Fratelli d’Italia, ha fatto incontrare realtà diverse,
creando una sintesi tra l’esperienza dei Cattolici Liberali e la storia di Alleanza
Nazionale, unendo tutti coloro che hanno voluto aderire in nome dei valori e dei
programmi propri al perimetro di un centrodestra alternativo alla sinistra.
Noi chiamiamo a raccolta i giovani e gli anziani, quelli che hanno vegliato nella lunga
notte e quelli che verranno nel nuovo mattino, per una nuova grande sfida:
ricostruire l’Italia.
Noi parliamo a tutte le persone di destra e a tutti coloro che, a prescindere dalla
provenienza politica, credono nei valori della Nazione e della Persona. Senza questi
valori centrali non sarà possibile costruire un centrodestra profondamente
rinnovato, radicato nella cultura e nella società italiane e per questo di nuovo in
grado di battere i poteri forti e le ideologie della peggiore sinistra d’Europa.
La risposta alla crisi economica e al declino civile dell’Italia non verrà dai governi
tecnici e tecnocratici, dalle larghe intese o da partiti ancora orfani della prima e della
seconda Repubblica. Verrà da un nuovo partito, dal primo partito della terza
Repubblica, che avrà il coraggio di parlare un linguaggio non politicamente corretto
e di rompere vecchi e nuovi tabù.Un Movimento che faccia della partecipazione e
della democrazia interna la propria religione civile. Senza dirigismo, senza rendite di
posizione, utilizzando sempre lo strumento delle primarie per scegliere ogni
candidatura e ogni carica di partito.
Per questo siamo contro il Porcellum, chiediamo non da oggi di modificare questa
legge elettorale, ma non permetteremo che l’accordo tra Matteo Renzi e Silvio
Berlusconi produca un nuovo e peggiore Porcellum senza preferenze e con le liste
bloccate dei nominati.
La partecipazione e la democrazia interna fanno parte di un’etica della
responsabilità e della correttezza dei comportamenti individuali e collettivi, che
deve essere il centro di una “nuova politica” in grado di dare risposte forti alle
critiche sterili dell’antipolitica. Chiediamo a tutti coloro che aderiranno al
Movimento, e soprattutto a chi avrà cariche dirigenziali ed elettive, un
comportamento esemplare nella vita pubblica e privata, il rifiuto sistematico dei
privilegi della “casta”, umiltà e disponibilità nei confronti di tutti i cittadini,
soprattutto dei più deboli, in uno spirito di servizio e di missione. Non si può fare
politica senza essere esempio. Per questo, sosterremo con intransigenza tutte le
iniziative volte a tagliare i costi della politica e le lottizzazioni degli apparati
partitocratici.
Nessun italiano avrà futuro se non sarà ricostruita l’Italia, come comunità nazionale,
come Stato unitario, come identità e progetto di popolo.
L’Italia appartiene a chi la ama. Non si ha diritto ad essere cittadini del nostro Stato
se questo amore non lo si manifesta concretamente, assorbendo la nostra cultura,
osservando le nostre leggi, rispettando la nostra identità. Questo vale per gli
immigrati che hanno diritto all’integrazione e alla solidarietà solo se obbediscono
alle nostre regole, ma che devono essere espulsi, mantenendo il reato di
clandestinità, se le leggi non vengono rispettate fin dal primo momento in cui si
mette piede sul territorio italiano.
Questi principi valgono anche per i cittadini italiani che devono essere sempre
richiamati al rispetto della legalità, ma che vogliono essere protetti dai colpi efferati
della criminalità organizzata e della microcriminalità. Per la giustizia noi chiediamo il
massimo garantismo, limitando l’abuso del carcere preventivo, ma insieme rigore
sul principio della certezza della pena, perché chi non rispetta le regole del vivere
civile non sfugga alle proprie responsabilità. Per questo siamo contro tutte le ipotesi
di amnistia o indulto, che sono un’offesa per le vittime dell’illegalità, per i cittadini
onesti e per chi, dopo aver sbagliato, persegue realmente un percorso di
riabilitazione e di riscatto. La sicurezza è il primo dei diritti sociali che bisogna
garantire al nostro popolo. Non possiamo fare sconti, perché sappiamo che ogni
buonismo sarà pagato non dai radical-chic dei “salotti buoni” ma dai cittadini più
deboli che non si possono difendere da soli.
Guardiamo ai secoli di storia, di arte e di cultura che sono la radice della nostra
identità, non come un grande museo, ma come il paesaggio di un nuovo potente
atto creativo, in grado di dare bellezza e speranza alla nostra gente. Ma ci vuole
disciplina, merito e qualità, perché nessuna grande impresa si può compiere nella
mediocrità e nel livellamento. Per questo siamo i nemici della cultura del ’68 che ha
imposto i peggiori comportamenti radical-progressisti e distrutto i valori
fondamentali della nostra comunità nazionale. Chiediamo ai giovani e agli studenti
di essere protagonisti di un nuovo movimento generazionale, nemico del
paternalismo e dell’autoritarismo ma capace di imporre nelle scuole e nelle
università una rivoluzione del merito, delle competenze e della responsabilità. Con
una nuova spinta alla formazione umana e culturale, usando anche lo sport come
potente strumento di crescita e di socializzazione, dobbiamo superare il “rischio
educativo” che oggi colpisce le nuove generazioni, liberandole dai falsi miti delle
droghe, del consumismo e dell’omologazione.
Da secoli essere italiani significa credere nella famiglia, nell’impresa e nella comunità
locale.
Crediamo nella famiglia, creata da un padre e da una madre (non da un “genitore 1”
e un “genitore 2” come vorrebbe la sinistra) che mettono al mondo i loro figli con un
atto di amore e di responsabilità. Questo per noi non è un principio astratto:
vogliamo che in Italia mettere su famiglia e fare figli abbia più valore – nel fisco, nei
servizi, nei diritti – che vivere chiusi nel proprio egoismo individuale. La famiglia è la
base per promuovere il diritto alla vita, valore non negoziabile che bisogna
difendere dal concepimento fino alla morte naturale, cominciando dai più deboli e
dai più indifesi.
Crediamo al diritto alla vita, all'integrazione, al superamento di ogni pregiudizio
verso le persone con disabilitá. Basta con la politica assistenziale che vede le
persone disabili come oggetti passivi, riconosciamo il loro valore aggiunto nella
società.
Partire dalle persone e dalla famiglia è la base di un profondo rinnovamento del
nostro sistema di solidarietà sociale, che, in nome del principio di sussidiarietà, deve
essere liberato dal peso di tutti gli apparati delle “burocrazie sociali”, per rilanciare
la solidarietà comunitaria e il valore del volontariato, dell’associazionismo e della
cooperazione.
Crediamo nelle imprese, che offrono lavoro, che creano prodotti e servizi, che
sviluppano innovazione. Il Made in Italy è la nostra vera ricchezza economica, il
miracolo italiano degli anni ’60, la creatività e il genio nazionale proiettati verso il
futuro. Il lavoro non può essere conflittuale con l’impresa, vanno spazzati via i vecchi
residui della lotta di classe e della conflittualità permanente, non per ripristinare
diritti padronali, né per far dilagare il precariato e cancellare i diritti, ma per
promuovere la partecipazione dei lavoratori alla vita delle imprese.
Per far ripartire l’economia e le imprese italiane è necessario puntare sulla
semplificazione, sull’autocertificazione, sull’eliminazione della discrezionalità delle
amministrazioni. Questa liberazione da ogni vincolo burocratico, si deve unire alle
garanzie sull’accesso al credito, alla puntualità dei pagamenti della pubblica
amministrazione, alla riduzione dell’oppressione delle tasse e delle riscossioni di
Equitalia, alla flessibilità del mercato del lavoro, per far tornare la società italiana un
contesto fertile e favorevole alla nascita e alla crescita delle iniziative
imprenditoriali. Per far crescere l’economia reale, in cui imprese sane e lavoro
produttivo non possono non essere alleati contro tutte le rendite e le speculazioni
finanziarie.
Crediamo nelle comunità locali dei campanili, perché i comuni da mille anni hanno
fatto la storia d’Italia. I comuni hanno unito l’Italia, le regioni l’hanno divisa.
Vogliamo valorizzare le comunità municipali, depotenziando le regioni che non
possono avere competenze legislative esclusive e autogovernarsi a loro uso e
consumo. Il Parlamento e il Governo italiano, ogni qual volta è necessario, devono
poter intervenire su tutte le materie per garantire gli interessi vitali e le speranze
degli italiani, sostenendo i comuni (soffocati dalle manovre finanziarie degli ultimi
governi) che garantiscono i servizi primari delle comunità.
Amare l’Italia significa innanzitutto difendere e valorizzare i suoi paesaggi e il suo
ambiente, troppe volte massacrati dalla speculazione, dall’abusivismo,
dall’inquinamento selvaggio e dal dissesto idro-geologico. Dobbiamo conservare il
territorio agricolo, base della migliore produzione agroalimentare del mondo;
promuovere i parchi e riserve, non come fonte di vincoli e di divieti ma come tutela
della biodiversità e motore dello sviluppo sostenibile; incentivare il risparmio
energetico e l’utilizzo di fonti rinnovabili di energia per contenere gli effetti
disastrosi del cambiamento climatico. Dobbiamo essere ambiziosi nella gestione del
ciclo dei rifiuti, contrapponendo alla “terra dei fuochi” e alle eco-mafie il modello
zero waste, le più avanzate tecnologie e i comportamenti più corretti per la
riduzione e il riciclaggio dei rifiuti. Queste sono le basi non solo della salute dei
cittadini ma anche del secondo pilastro del modello di sviluppo italiano: quello
fondato sull’ambiente, sul turismo, sull’agroalimentare di qualità, sui centri storici,
sull’arte e sulla cultura diffusa nel territorio. Perché non è vero – come ha detto
qualche esponente del vecchio centrodestra – che “con la cultura non si mangia”. Al
contrario per una “nazione culturale” come l’Italia è fondamentale investire sui
propri giacimenti culturali, per attrarre importanti risorse economiche ed umane nei
nostri territori e nelle nostre città, che non possono rimanere preda degli eccessi
vincolistici della casta burocratica delle sovrintendenze.
La sovranità dello Stato-nazione, come espressione democratica e organizzata della
comunità nazionale, deve essere ripristinata innanzitutto nei confronti dei poteri
forti, delle istituzioni in conflitto fra di loro e di ogni eccesso di federalismo che
disgrega la comunità nazionale. Vogliamo uno Stato snello ed efficiente che cancelli
tutti gli appesantimenti burocratici e gli apparati inutili che abbiamo ereditato dallo
statalismo che tanto ha segnato la nostra storia unitaria. Questa è la base per quel
taglio alla spesa pubblica improduttiva che è la necessaria premessa per liberare le
famiglie e le imprese italiane dall’oppressione fiscale. Uno Stato e una pubblica
amministrazione che siano il tempio della meritocrazia e del rigore, che sappiano
riconoscere negli uomini in divisa, forze armate e forze di polizia, la propria
espressione migliore da difendere in ogni circostanza. Per questo vogliamo una
Repubblica presidenziale, dove ci sia una persona eletta dal popolo che abbia il
potere di decidere, al di sopra di ogni interesse particolare e di ogni conflitto
istituzionale.
Non si può parlare di Unità nazionale senza tornare ad occuparsi seriamente e
concretamente del problema del Mezzogiorno, che dopo essere stato costretto,
dall’Unità nazionale in poi, ad una condizione di “colonia interna”, oggi è
abbandonato al proprio destino senza nessuna prospettiva. Le regioni del Sud
devono creare un modello di sviluppo radicato nelle potenzialità produttive dei
propri territori, avendo sempre al proprio fianco la forza dello Stato per combattere
ogni abuso, ogni deviazione e ogni forma di criminalità organizzata. Non ci sarà
crescita per l’Italia se non si torna a scommettere sul Mezzogiorno e sulle sue
potenzialità.
Con la stessa determinazione bisogna dare risposte allo scontento e la rabbia che
montano nelle regioni settentrionali, che si sentono appesantite ed imbrigliate nella
loro sfida con le aree più competitive d’Europa e che esigono che il costo della cosa
pubblica non abbia pesi diversi, regione per regione, per assicurare a tutti gli italiani
gli stessi servizi essenziali e lo stesso livello di prestazioni.
Uno Stato nazionale forte, efficiente e dinamico è l’unico vero punto di incontro tra
le speranze del Sud e le rivendicazioni del Nord, mentre l’eccessiva autonomia
federale ha reso impresentabili e corrotte le regioni settentrionali come quelle
meridionali.
La sovranità nazionale deve essere riaffermata nell’Unione Europea, dove da troppo
tempo siamo costretti, dall’inefficienza della nostra classe dirigente, in una
condizione subalterna e recessiva. Siamo europeisti secondo la grande tradizione
della cultura italiana e al tempo stesso nettamente "eurocritici" nei confronti
dell'attuale Unione. Secondo gli ultimi dati dell’Eurobarometro (fonte Bruxelles) il
53% dei nostri connazionali è convinto che l’Italia non abbia ottenuto nessun
vantaggio dal suo rapporto con l’Europa. Come dare torto a questa percezione
popolare? L’Italia è contributrice netta in Unione Europea eppure viene schiacciata
politicamente ed economicamente dal blocco degli Stati del Nord Europa guidati
dalla Germania. Per puntellare l’incerta costruzione dell’Euro sono stati ratificati
trattati suicidi, come il fiscal compact che dal prossimo anno imporrà al bilancio
italiano un taglio annuale di 50 miliardi di euro. Rinegoziare tutto questo, aprire una
vertenza durissima a Bruxelles, è la premessa indispensabile per qualsiasi progetto
di fuoriuscita dalla crisi economica e sociale. L’Europa che noi sogniamo è una
Confederazione rispettosa delle sovranità nazionali al proprio interno, ma capace di
imporre nel mondo globalizzato l’importanza dei valori europei e la concorrenzialità
delle merci prodotte sul nostro continente.
Ogni anno che passa vediamo il nostro Made in Italy perdere terreno nei confronti di
un commercio internazionale che privilegia le merci prodotte dai Paesi emergenti
dove non esistono regole sociali ed ambientali. Non esiste nessuna forma di efficace
contrasto alla contraffazione e all’inganno dell’italian sounding, che presenta come
italiani prodotti che non hanno nulla a che fare con il nostro lavoro e le nostre
imprese. Anche su questo fronte va aperto un negoziato durissimo, senza
vergognarsi di imporre dazi e tasse alle merci straniere che praticano un dumping
sociale e ambientale sui nostri prodotti perfino nel nostro mercato interno. Bisogna
imporre un freno alla svendita dei marchi e delle imprese italiane quando questo
significa svuotare l’apporto produttivo e creativo del nostro Paese, mentre tutti i
brand che richiamano l’immagine della nostra Nazione devono essere tutelati per
garantire gli interessi morali ed economici del nostro popolo.
L’Italia deve tornare ad aprirsi nel Mediterraneo, svolgendo un ruolo di ponte fra
l’Unione Europea e i Paesi che si affacciano su questo mare. Solo così la nostra
Nazione potrà riacquisire centralità politica e economica in una globalizzazione che
parla sempre più inglese, che marginalizza le culture latine e sta cancellando
l’identità italiana. In questo quadro il primo segnale di una ripresa di credibilità
internazionale deve essere l’immediata risoluzione del drammatico caso dei due
marò detenuti in India. Se Salvatore Girone e Massimiliano La Torre non
riacquisiranno subito la libertà, l’Italia deve mettere in campo le più dure reazioni
politiche, sospendendo le relazioni diplomatiche e commerciali con l’India, ritirando
i nostri militari da tutte le missioni di pace internazionali a cui stiamo partecipando.
La difesa dell’identità e della sovranità nazionale si integra con il rispetto dei diritti di
tutte le persone umane, a cui ci richiama la Dottrina sociale della Chiesa. I valori
nazionali si legano inscindibilmente con i valori popolari, perché non si può
affermare l’amore per la Patria senza fondarlo su un autentico radicamento
democratico e sul rispetto di ogni persona. Valori popolari che però non sono più
declinati in Europa da quel PPE a guida tedesca che ha perso la propria identità
diventando contenitore grigio di infinite mediazioni.
Per questo siamo Fratelli d’Italia, una grande Alleanza nazionale e popolare, che
vuole parlare a tutti i cittadini per mobilitarli verso un nuovo riscatto comunitario.
Chiediamo agli italiani di tirare fuori serietà grinta e coraggio, di cacciare i corrotti,
gli approfittatori, i rassegnati, gli impresentabili, di impegnarsi insieme con noi in
una grande battaglia politica e civile.
Perché nessuno si salverà se non ci salveremo insieme.