Da settimane raccogliamo segnalazioni che restituiscono un quadro sempre più grave della sanità territoriale in Basilicata. Un quadro fatto non di slogan, ma di fatti concreti che incidono direttamente sulla vita delle persone, sulla possibilità stessa di curarsi, sulla dignità dei servizi.
In queste settimane scopriamo che numerose prestazioni specialistiche non sono prenotabili perché le agende 2026 risultano chiuse, in particolare in diabetologia, endocrinologia, otorinolaringoiatria e cardiologia. Non sappiamo se questo dipenda solo da un fatto tecnico o da agende già sature, ma ciò si traduce, in ogni caso, in una compromissione del diritto alle salute che spinge chi può a rivolgersi al privato e chi non può a rinunciare a curarsi.
Intanto, mentre si annunciano Case della Comunità, la cui realizzazione scontra enormi ritardi, sul territorio si chiudono gli ambulatori. Nel Distretto di Genzano di Lucania sono stati progressivamente soppressi dermatologia, oculistica, neurologia e da gennaio 2026 sparirà anche la cardiologia. A Venosa la situazione non è diversa: servizi specialistici sempre più ridotti, personale insufficiente, liste d’attesa che diventano infinite. È un paradosso inaccettabile: si costruiscono contenitori nuovi mentre si svuotano i servizi che dovrebbero abitarli.
Nel materano la situazione non è migliore, con prestazioni che spesso vengono ridotte o annullate per carenza di medici, come accaduto per la chirurgia ambulatoriale del presidio di Tinchi negli scorsi mesi.
A tutto questo si aggiunge una criticità ancora più grave: la mancanza di reagenti nei laboratori per le analisi del sangue. Le analisi vengono rinviate oppure di fatto scaricate sul privato, con un danno economico diretto per le famiglie. Accade così che una visita endocrinologica per la tiroide, prenotata con un anno di anticipo, venga rinviata perché gli esami non si possono fare. Il risultato è che una visita annuale diventa una visita ogni due anni, con evidenti rischi per la salute delle persone.
E poi ci sono le condizioni materiali in cui lavorano le operatrici e gli operatori e vengono accolti i cittadini: mancano carta per i lettini, rotoli, guanti, materiali monouso, persino la carta igienica. Non è solo una questione di decoro: è qualità del servizio, sicurezza, dignità del lavoro sanitario e rispetto per i pazienti.
Gravissima anche la situazione dell’area protesica. Prima gli ausili – protesi, plantari, carrozzine – venivano assegnati con una procedura rapida. Oggi è stata istituita una Commissione regionale di quattro membri, con un costo stimato di circa 32.000 euro l’anno ciascuno, che rischia di rallentare drasticamente le assegnazioni di presidi medici indispensabili e urgenti.
Tutto questo non è frutto di singoli disservizi casuali. È il segno di una crisi strutturale della sanità territoriale lucana, aggravata da scelte politiche sbagliate, da una gestione che rincorre le emergenze e non programma, da una distanza sempre più profonda tra Palazzo e bisogni reali delle persone.
Noi non ci stiamo.
La sanità pubblica non è un favore, non è un costo da comprimere, non è una voce di bilancio da tagliare quando fa comodo. È un diritto costituzionale, ed è dovere della Regione garantirlo ovunque, dai grandi centri ai territori più periferici.
Chiederemo conto, atto per atto, di queste scelte.
Pretenderemo risposte su agende, ambulatori, reagenti, materiali e area protesica.
Perché chi governa la sanità deve rispondere ai cittadini, non nascondersi dietro problemi tecnici e rimpalli di responsabilità.
La Basilicata merita una sanità pubblica che funzioni davvero. Non un sistema che costringe a rinunciare alle cure o a pagarsele da soli.
Alessia Araneo, Viviana Verri (Consigliere regionali M5S Basilicata)
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