“Un saluto da Giornale di Basilicata a… Don Luigi Merola”: un'intervista per parlare di camorra, del “Forcella”, di Napoli


di Nicola Ricchitelli. Per molti è divenuto fin da subito il “Prete anticamorra” – tra i gesti più eclatanti ricordiamo quando nel 2003 fece smantellare le telecamere fatte installare dalla Camorra nel quartiere “Forcella” per controllare lo spaccio della droga. Sempre all’anno 2003 è da attribuirsi la frase intercettata a un camorrista «lo ammazzerò sull’altare», che costrinse Don Luigi da quel momento in poi a muoversi con una scorta o così come preferisce definirli lui con gli “Angeli custodi” - anche se a questa sorta di “nome d’arte” ha sempre preferito definirsi un “Pescatore di anime”. Camorra, quartiere “Forcella”, ma sopratutto Napoli: un trittico di realtà che Don Luigi Merola conosce bene, il suo arrivo nel 2000, di lì la fondazione dell’Associazione “A voce d’è creature” che da sempre si è posto come obbiettivo quello di recuperare tutti quei ragazzi sottratti alla scuola dalla Camorra, quindi il 2004 quando Don Luigi vive una delle pagine più tristi della sua permanenza nel quartiere napoletano, era il 27 marzo quando una ragazza di 14 anni, Annalisa Durante, trovatasi per caso a passare nel luogo dove era in atto un agguato camorristico fa raggiunta dai colpi e morì. Ignorando gli inviti a mantenere un profilo basso, don Merola nell'omelia del funerale attaccò duramente la camorra.

D: Un saluto a Don Luigi Merola da Giornale di Puglia. Don Luigi, cosa significa stare in trincea? Cos’è la paura e come la si vince? Da dove nasce il coraggio?

R:« Stare in trincea significa finalmente aver letto il vangelo. Potrà accadere che a noi cristiani una volta passati da questo mondo all’altra vita di non aver mai letto i 4 vangeli. E sarà la nostra sciagura. Gesù stesso è stato il primo che ha scelto la trincea. La trincea è una scelta radicata sul vangelo. Dalla mattina alla sera Gesù era fuori dalle “sacrestie” e per le strade e per le piazze diffondeva il regno di Dio con le opere e con i gesti. La vita cristiana non conosce paura perché c’è Lui che è con noi e se, sulla nostra barca, c’è Lui, si fa avanti, sempre».

D: “Sono stanco di vedere tanti e troppi tifosi della legalità, e pochi giocatori”. Don Luigi, quanto è difficile essere un giocatore della legalità? Come mai scarseggiano a differenza dei giocatori di calcio?

R:« Mancano i giocatori della Legalità perché mancano gli esempi, i modelli. Se ci sono, sono solo al negativo. Basti vedere la tv spazzatura. Mancano le scuole di vita. I genitori e gli insegnanti come i preti devono ritornare ad “educare”, come dice Benedetto XVI».

D: A proposito di calcio, quale la tua opinione in merito allo sciopero dei calciatori?

R:« Per lo sciopero non ho parole. Sono garantista ma i giocatori la devono smettere di piangere miseria. Si devono vergognare per quello che hanno fatto. Due miei bambini premiati dagli educatori, dovevano andare allo stadio domenica 28 e sono rimasti a casa, a piangere per l’intera giornata. Lo sport è di grande aiuto nella crescita delle nuove generazioni perché si insegnano le regole e la pacifica convivenza».

D: Don Luigi, si sceglie di diventare sacerdoti, o c’è qualcuno lassù che sceglie?

R:«C’è qualcuno, che da lassù, sceglie. “Non siete stati voi a scegliere me, ma sono io che vi ho scelti dal mondo” dice Gesù nel vangelo. È sempre Lui il Maestro e Signore della nostra vita. Noi siamo solo le sue braccia, i suoi piedi e la sua bocca».

D:“Forcella tra inclusione ed esclusione sociale”, così hai intitolato un tuo libro sul quartiere napoletano. Don Luigi, cos’era ieri il quartiere Forcella e cos’è oggi?

R:« Forcella era il regno del male. Con la morte di Annalisa Durante, una ragazzina di 14 anni, ammazzata il 27 marzo 2004, durante un conflitto tra camorristi, Forcella ha incominciato a fare un percorso di libertà e di legalità. Perché la libertà è legalità e viceversa. Nacque una scuola, un cinema, un teatro, un oratorio, luoghi sani di aggregazione. Peccato che dopo la mia partenza il 24 giugno 2007 tutto è tornato come prima. Il parroco che mi ha sostituito ha detto che “il lievito non fa rumore”. La camorra, infatti, non vuole il rumore. Noi abbiamo fatto rumore con i miei bambini in nome di Annalisa».

D: Nel 2007 ci fu l’arrivederci al quartiere “Forcella”, poi il ritorno nel 2010 grazie al Cardinale Sepe il quale realizzò quel tuo desiderio di farvi ritorno. Cosa ti tiene legato a questo quartiere?

R:« Mi lega al quartiere la voglia del cambiamento e l’entusiasmo che siamo noi a fare i miracoli. Non dobbiamo sempre aspettare dall’Alto un messia. Napoli oggi vive ancora l’attesa di un “messia”. Ma in ogni uno di noi ci deve essere la voglia di contribuire a cambiare la città. Infatti nelle scuole vado predicando la partecipazione».

D: “Cominciamo a svegliarci e non semplicemente ad alzarci” è uno dei tanti inviti rivolto ai giovani nei tuoi tanti incontri. Don Luigi, da cosa bisogna svegliarsi? Come si arriva al punto di alzarsi solamente?

R:« Bisogna svegliarsi da un certo torpore, da un clima di omertà e di silenzio che alimenta la forza della camorra. Le mafie sono forti non solo per l’economia come si evince dalle indagini fatte dalla magistratura su tutto il territorio nazionale, ma anche per il nostro silenzio. La nascita della Fondazione “A voce de creature”, sita in un bene confiscato alla camorra, vuole portarci all’impegno quotidiano e a svegliare le nuove generazioni. Perciò noi partiamo dai bambini».

D: “I preti non devono stare dietro la sacrestia ma andare in mezzo alla gente e diventare "pescatori di uomini”. Non nascondo che Barletta ne è piena di preti del genere... Don Luigi qual è il profilo del sacerdote tipo ai giorni d’oggi?

R:«Il prete è “pescatore di uomini” perché così Gesù ci ha voluti. Questa è l’identità del sacerdote. Non vi sono altre missioni date da Gesù agli apostoli. La sua unica preoccupazione è salvare l’uomo. Tutto l’uomo, anima e corpo al punto che Gesù, di fronte ai bisogni del corpo, fece la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Sì, perchè i bisogni dell’uomo, quelli più elementari, stanno al cuore al parroco che è chiamato a rappresentare Gesù sulla terra. E perciò il sacerdote, in questa missione, non può far da solo. Deve essere aiutato dai laici».

D: Nelle tue battaglie sono noti gli avversari arruolati nelle file della “Camorra”. Ti è mai capitato che la politica e un politico abbia provato a metterti il bastone fra le ruote? Quanto è lunga la strada che porta alla vittoria della guerra?

R:«I politici non amano i preti impegnati. Il bastone ce l’hanno sempre pronti per frenarti. Oggi abbiamo un contenzioso col Comune di Napoli per il pagamento della TARSU. Ci hanno chiesto 7mila euro di spazzatura quando accogliamo 80 ragazzi bisognosi senza chiedere nulla alle loro famiglie. Siamo presenti in una villa del boss che oggi è dello Stato e rischiamo che fra poco lo stesso Stato se la prende per la mancanza di fondi nel pagare la tarsu. Questa è il colmo ed è ridicolo quando al politica non è al servizio della gente, non è “il potere del servizio”, ma è diventata con le parole di don Tonino Bello “a servizio del potere”. La vittoria della guerra è ancora lontana, ma sono fiducioso che ce la possiamo fare».