La febbre mediatica sul gioco d'azzardo: perchè?

POTENZA - Sembra veramente strano che un giornalista come Toni Capuozzo, abituato generalmente alle zone di guerra, si possa incontrare nel contesto dei “martedì letterari” del Casinò di Sanremo. Una location, forse, per lui inusuale ma che non lo esenta dall'affrontare la “guerra nei confronti del gioco e dei casino online gratis” e l'accanimento o la “febbre” che questo tema suscita nell'italiano medio.

Così sollecitato da una domanda sul settore del gioco Toni Capuozzo si esprime con la calma e la serietà che gli sono congegnali riassumendo la sua esperienza in questi termini: non ama il gioco, ma qualche volta è entrato in un Casinò ed ha giocato senza essere travolto dalla voglia “irrefrenabile” di farlo ancora ed ancora e non lo considera, di conseguenza, un elemento scatenante di cattive passioni. Ritiene che l'effetto mediatico che si è instaurato attorno al gioco sia dipeso dal fatto che nel giornalismo esista un moralismo di facciata che non riguarda solo il gioco... ma solo ciò che fa cattiva notizia perché è quello che “fa notizia per la gente”.

Come per tanti, anche per Toni Capuozzo il gioco è un settore come tanti altri della nostra economia, crea posti di lavoro, produce e fa passare il tempo, ma parlare di dipendenza forse è un'altra cosa: forse la dipendenza è un malessere che è dentro di noi e che esce in svariate forme. La dipendenza può essere da cibo, da palestra, da cellulare: il gioco può essere una di queste ma non per questo deve significare la causa di tutti i mali.