"Vertenza Datacontact, sui call center occorrono regole serie"

POTENZA - Ancora nessuna certezza intorno alla vertenza Datacontact, il call center di Matera che, sul finire dello scorso novembre, ha comunicato le intenzioni di Telecom Italia (ora TIM) di non voler rinnovare la commessa che impiega 400 persone, principalmente a tempo indeterminato. Accogliamo la notizia con rammarico e comprendiamo il malessere di lavoratori e sindacati.

La situazione creatasi nella Città dei Sassi, purtroppo, riflette appieno il contesto in cui vive l’intero comparto in Italia. Si è passati dalla forte crescita registrata nel 2008 - e confermata dall’incremento occupazionale del 2012 (+12% rispetto allo stesso 2008) - alla fase di stallo attuale.

In base a quanto dichiarato il 9 marzo scorso dai soggetti presenti al MISE, in occasione di un incontro sulla crisi dei call center, i lavoratori del settore (circa 80mila) rischiano, solo nel 2016, di essere travolti da un esubero pari a 8mila unità. Tra le cause principali la concorrenza, ossia la pretesa della committenza di pagare il meno possibile il servizio che viene appaltato alle ditte che forniscono il servizio di call center, ma anche la presenza sul mercato di ditte appaltatrici “impresentabili”, ovvero debitrici di quote contributive da versare allo Stato.

L’aria che si respira, pertanto, è quella di una profonda crisi strutturale che ha già investito il settore più di una volta. Ricordiamo, ad esempio, il caso di “Accenture”, il call center di Palermo che aveva dichiarato un esubero di 262 lavoratori, passati poi alla società “Atlanet” grazie alla mediazione del ministero del Lavoro, al contributo dell’amministrazione comunale e al ruolo decisivo del sindacato di categoria; quello della “Infocontact” di Lamezia Terme e Rende, ossia la società di servizi di telefonia e call center finita in un crac da oltre 30 milioni, in cui, grazie all’intervento del Ministero dell’Industria e dello Sviluppo Economico, sono stati salvati 1.590 posti di lavoro sui 1.670; e, da ultimo, quello di “Almaviva”, un altro call center siciliano che vede in bilico circa 1700 lavoratori, per il quale in questi giorni sono stati aperti dei tavoli di discussione presso i ministeri del Lavoro e dello Sviluppo Economico.

Per quanto concerne il lato normativo, occorre sottolineare che le tante innovazioni approvate nell'ultimo periodo sul fronte lavoro (Jobs Act) riservano un grande impatto sui call center, per via del peso determinante che il costo e la gestione del personale hanno sulle imprese ivi operanti. Tra queste, una che sicuramente comporta effetti rilevanti per l'intero settore è quella, contenuta nel cosiddetto “codice dei contratti” (D.lgs. 81/2015), che prevede l'abrogazione della disciplina del lavoro a progetto.

A seguito di questa misura, dal 25 giugno scorso non possono essere stipulati nuovi contratti di collaborazione a progetto (quelli già in corso a tale data, invece, possono essere eseguiti fino alla scadenza naturale), mentre resta in piedi il contratto di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.). Certamente, non sarà agevole per gli operatori di call center continuare ad applicare una disciplina collettiva costruita intorno ad una fattispecie contrattuale - il lavoro a progetto - che non esiste più; sarebbe quindi utile rinnovare o, comunque, aggiornare gli accordi firmati prima della riforma, cancellando i riferimenti alla normativa ormai abrogata.

Va poi ricordato che dal 1° gennaio 2016 i rapporti di collaborazione possono beneficiare di un percorso di emersione incentivata, che garantisce l'estinzione degli eventuali illeciti amministrativi in caso di assunzione a tempo indeterminato (e mantenimento in servizio per almeno 12 mesi) dell'ex collaboratore.

Tutti questi elementi fanno capire che, se da un lato il Jobs Act ha “stabilizzato” (o cercato di stabilizzare) la figura del lavoratore precedentemente impiegato mediante contratti flessibili o rapporti parasubordinati, dall’altro, questo dato “positivo”, è stato controbilanciato - per i call center (ma non solo) - dall’effetto distorsivo che ha prodotto nelle gare per il rinnovo dei servizi. Gli operatori di nuova costituzione, assumendo personale tramite l’incentivo (ovvero grazie all’esonero contributivo introdotto dalla passata legge di stabilità in favore delle imprese che hanno assunto lavoratori a tempo indeterminato nel periodo compreso tra il 1 gennaio e il 31 dicembre 2015), hanno potuto competere con un costo del lavoro notevolmente più basso rispetto alle aziende già presenti sul mercato. Il risultato è che l’operazione ha sicuramente finanziato nuovi posti di lavoro, ma ne ha compromessi altri.

A complicare la situazione, poi, ci ha pensato l’INPS, che ha deciso di inquadrare il settore dei call center come terziario, non più come industria. Questa risoluzione comporta che le aziende del settore non possano più chiedere gli ammortizzatori sociali ordinari, ma debbano contare solo su quelli “in deroga”, che hanno una durata inferiore e seguono un iter autorizzativo più complesso. Da ciò l’impossibilità, per molte società, di usufruire degli ammortizzatori sociali utili a riorganizzarsi e, di conseguenza, l’obbligo di licenziare.

Il Dipartimento “Politiche del Lavoro” di Fratelli d’Italia-AN Basilicata auspica la risoluzione immediata della vertenza Datacontact, che non passi (solo) dalla rivendicazione della cosiddetta “clausola sociale” - ovvero del diritto per gli addetti di un servizio di call center di mantenere il posto di lavoro quando l’impresa committente decida di cambiare partner -, dal “divieto di delocalizzazione” delle commesse pubbliche o dall’aiuto temporaneo delle istituzioni di turno. Fondamentale, invece, è lo studio di soluzioni concrete (di concerto con gli organi comunitari) che mettano insieme lavoratori, aziende, sindacati e governo nazionale, e consentano di regolamentare in modo serio un settore sempre più in balìa del vortice della concorrenza, del mercimonio e del precariato.
Così in una nota Giuseppangelo Canterino, responsabile Dipartimento “Politiche del Lavoro” Fratelli d’Italia-A.N. Basilicata.