"Depositati 98 simboli di partito, italiani dovrebbero recarsi alle urne per scegliere il 'meno peggio'"

POTENZA - Rispetto ai 219 simboli di partito presentati nel 2013, i 98 del 2018 potrebbero far ben sperare. Ciò se non fosse per i circa 7 milioni di cittadini italiani indecisi nonostante la vastissima scelta e per le inquietanti previsioni sul voto che sarà espresso dai giovani fra i 18 e i 24 anni: si prospetta, infatti, che solo la metà di questi ragazzi si recherà alle urne. Quella appena descritta è una situazione paradossale se si considera la grande quantità di simboli in gioco, situazione che assume caratteri a dir poco caricaturali se si riflette sul passato del Bel Paese. Se, infatti, pensassimo all'ardore e alla passione da cui erano animati i militanti della FGCI e del Fronte della Gioventù negli anni 70', capiremmo che stiamo vivendo in un mondo completamente rovesciato. Quella esasperata voglia di combattere, che era propria dei giovani appartenenti ad una generazione ormai tramontata (e che talvolta ha portato a circostanze, ahimè, tragiche), si è andata via via appiattendo fino a tramutarsi in insofferenza e sfiducia totale nei confronti della politica. Se 50 anni fa risultava necessario, quasi fisiologico, sostenere un ideale per poter essere protagonisti del proprio futuro, oggi molti di noi, sentendosi avulsi da ogni contesto comunitario, preferiscono evitare di fare i conti con un avvenire quanto mai incerto. La risposta che solitamente si riceve alla domanda -"Perché non voterai?"- è la seguente-"Perché non mi sento rappresentato da nessuno." Questa risposta dovrebbe far riflettere e dovrebbe spingere ad interrogarsi sui motivi che la hanno generata. Leggendo i libri di storia e i quotidiani capiremmo che questa sfiducia spesso deriva dalla rabbia e dal rancore che l'elettorato nutre nei confronti di una classe dirigente che spesso è stata protagonista di squallidi casi di corruzione e che spesso ha mortificato gli animi più onestamente ambiziosi creando ambigui rapporti clientelari che hanno premiato l'interesse personale piuttosto che la giustizia e la buona volontà. Tuttavia questa risposta, pur essendo validissima, non è esauriente perché, per spiegare questo fenomeno, bisognerebbe analizzare attentamente le dinamiche sociali sviluppatesi negli ultimi anni. In questi ultimi decenni la società si è "atomizzata" sempre di più a causa di fenomeni rivoluzionari come la globalizzazione e l'introduzione di dispositivi tecnologici che, essendo il medium ideale per la trasmissione di molteplici messaggi propagandistici, hanno reso l'animo umano sempre più alienabile ed egoista minando fortemente alla stabilità delle istituzioni comunitarie che cedono gradualmente il passo ad un individualismo sempre più morboso ed inarrestabile. Sul piano politico ciò si traduce in una sorta di indifferenza e di disinteresse nei confronti della comunità poiché la prospettiva imperante esclude sempre di più il "NOI" dall'ottica dell'"EGO". È come se molti di noi stessero sperimentando la assurda esperienza di Vitangelo Moscarda in chiave politica, consegnando il proprio futuro a dinamiche socio-politiche sempre più incerte e deboli. Ma, se davvero c'è voglia di cambiare le sorti del mondo, chiudersi in sé stessi e scegliere la " non scelta" è la peggiore fra le opzioni. L'unica vera risposta a questa crisi identitaria è l'azione concreta, la scelta: ognuno di noi gioca un ruolo fondamentale nella determinazione delle sorti comuni ed è questo il motivo per cui dovremmo sentirci tutti protagonisti di un riscatto collettivo che è necessariamente figlio di un'azione comune derivante da una solida conoscenza della realtà che ci circonda. Ricordiamo, dunque, che se non saremo noi ad occuparci della politica sarà lei ad occuparsi di noi senza curarsi minimamente di chi ha preferito nascondere la testa nella sabbia quando era il momento di agire.
Così in una nota Mario Migliaccio, Presidente regionale Gioventù Nazionale.