Smi, "Basilicata e indennità per le guardie mediche, per il Governo è tutto da rifare"

POTENZA - Il Sindacato dei Medici Italiani-Smi contesta fermamente la recente decisione del Consiglio dei Ministri (26 aprile) di impugnare la legge della Regione Basilicata (n. 3 del 28/02/2018’),  che prevedeva “Interventi in materia di continuità assistenziale”. Secondo il Governo la norma riguardante la retribuzione dei medici di continuità assistenziale invade la competenza riservata allo Stato, in materia di "ordinamento civile" (alla quale è riconducibile la contrattazione collettiva, art.117), e viola altresì il principio costituzionale di uguaglianza (di cui all’art. 3 della Costituzione).

“Per i medici sotto assedio, colpiti da una escalation di aggressioni non si fa nulla - attacca Pina Onotri, segretario nazionale Smi - però si trova il tempo di impugnare una legge regionale che sanava una ingiustizia contro le guardie mediche in Basilicata. Grottesco e grave”

“Le indennità di rischio - spiega - sono state ingiustamente sospese dalla Giunta regionale della Basilicata per un incomprensibile intervento della Corte dei Conti. È stato un provvedimento  sbagliato e a gamba tesa contro lo stesso accordo di lavoro nazionale dei medici di continuità assistenziale. La Regione ha poi cercato di metterci una toppa con una legge ad hoc, visto che il Parlamento e il Governo non intervenivano a porre rimedi urgenti. Ed invece arriva l’impugnazione del Consiglio dei Ministri. Tutto da rifare, con ulteriore disagio per molti medici che vedono oltre al danno anche la beffa”.

“I medici, non solo di continuità assistenziale - conclude Onotri - ma anche del 118, dei Pronto Soccorso, degli ambulatori sul territorio,  da anni, con una più grave e preoccupante intensità negli ultimi mesi, sono vittime di violenze, di aggressioni, e di una preoccupante indifferenza da parte delle istituzioni. La negazione dei diritti previsti dal contatto e delle indennità di rischio sono un ulteriore tassello di questo grave clima di attacco alla sanità pubblica. Ora basta”.