Michele Colucci, la carezza d’una voce che pulsa di cuore

di Roberto Berloco - Matera. Un’ugola che pulsa del palpito d’un giovane uomo che ama di cuore la vita e ama che la vita lo ami con il medesimo cuore. E’ questa la definizione che, probabilmente, più racchiude la statura artistica di Michele Colucci.

Nato nella città dei Sassi nel 1983, Colucci non è solo un cantautore materano di begli orizzonti. Dalla sua tiene anche un talento innato, tutto particolare e non così frequente, quello d’una umanità matura e profonda. La stessa che, come di riflesso, nella versione sentimentale, traspare dalle sue composizioni e, soprattutto, da quella sua voce che, fin dalle prime d’un qualunque motivo che interpreta, si trasforma in una carezza melodiosa per chi ascolti, fino a rapirne il cuore.

La nascita artistica di Michele Colucci sopraggiunge in tenera età. Ha solo sette anni quando, durante un matrimonio al quale era stato invitato insieme alla famiglia, gli viene chiesto di cantare. Il bambino d’allora accetterà di farlo, incantando la platea con il pezzo dal titolo “Spunta la luna dal monte”, reso famoso dalla splendida prestazione di Pierangelo Bertoli insieme ai Tazenda.

Il pubblico lo applaudirà con convinzione e, a Michele, basterà tanto come incoraggiamento per proseguire sulla strada del canto, che finirà per percorrere con ardente slancio e tutti quei crescenti raccolti che sono tipici di chi s’applica ad un’arte con costanza e determinazione.

Il punk rock e l’hard rock sono i principali generi musicali che egli coltiva durante l’adolescenza e la prima giovinezza. Due modi emozionalmente assai duri d’intendere la dimensione delle note e della voce. Duri, ma pure intriganti e capaci di soffiare piacere alle corde dell’anima.

Per carattere sempre assai esigente con se stesso, subito dopo la scuola dell’obbligo frequenta regolarmente i corsi dell’Istituto Alberghiero di Matera, conseguendo il diploma in regola di legge all’età di diciannove anni. Fino a questo momento, però, non ha  mai smesso di esercitare parallelamente le discipline musicali, affinando le proprie abilità e raggiungendo un livello tale da attirarsi le simpatie di altri quattro appassionati, anch’essi originari della città che fu del conte Giuseppe Gattini. L’affiatamento è tale che, nel 2004, per decisione unanime, si spingono a costituire gli “Half Past”, un gruppo rock che, presto, si farà apprezzare in molte sale del territorio cittadino.
Nel periodo che segue, la fisionomia artistica di Michele Colucci s’accresce, affermandosi, fortificandosi e raggiungendo, a Gennaio di quest’anno, la vetta della partecipazione alle selezioni per Casa Sanremo, uno dei settori per giovani promesse che ruotano intorno all’organizzazione del Festival di Sanremo.

Non poco, nella persona di Colucci, racconta d’una delicata sensibilità, non poco fuori degli schemi comuni. Si percepisce alla sua sola vicinanza, prim’ancora che dai testi delle sue canzoni, ognuno con una radice nel terreno di un’esperienza di vita impastata da sentimenti amorosi realmente vissuti, verso donne che hanno significato sempre tanto per le sue profondità, fino a spronare in lui una dolcissima idealizzazione della creatura femminile.

“Sospeso sull’orlo del tempo” - cadenza la strofa d’uno dei componimenti che portano la sua firma - “ogni ricordo viaggia nel vento, a risvegliare un desiderio spento, che dentro me si muove lento, carezze troppo trattenute, la magia di due labbra sconosciute, un bacio su due bocche innamorate, l’armonia di due anime intrecciate”.

Parole destinate a far da sfondo e da copertina alla bellezza d’una voce palpitante di calore e di passione, alla maniera di due affluenti che, d’un tratto, si congiungono in un solo corso, formando un fiume che, scorrendo, finirà per travolgere qualunque vuoto che sappia d’attesa o di noia.

Se è vero poi, come affermava il poeta libanese Khalil Gibran, che “il segreto del canto risiede tra la vibrazione della voce di chi canta e il battito del cuore di chi ascolta”, allora si può ritenere che, di questo segreto, Michele Colucci ne sia fortunato possessore, considerando l’unico, misterioso respiro che, per effetto dello scorrere travolgente di quel fiume, sembra ogni volta sprigionarsi col proprio uditorio.

Oggi l’artista materano intrattiene contatti con diverse case discografiche italiane, in previsione d’una pubblicazione commerciale dei brani dei quali detiene la paternità, e d’un suo lancio nel firmamento nazionale dei nuovi cantautori.

Da lui, come da altri che, con le loro doti di creatività, dimorano nella città che è Capitale europea della Cultura, arricchendo con l’opera propria quell’autentico senso umano del quale ogni popolo abbisogna per radicare più saldamente la propria dignità, viene anche per tutti l’esempio di quanto raro utile possa giungere dalla sfera dell’interiorità, per i buoni frutti che, in termini di crescita morale, quest’ultima è in grado d’apportare, se educata a quei princìpi del bello e dell’armonia che sono le ineludibili direttrici di base per ogni arte che voglia dirsi tale.