Studio condotto da Cersosimo, Masiello e Serio nell’ambito delle attività dell’Unibas per OT4CLIMA


POTENZA - La riduzione del carico di diossido di azoto (NO2) nell’area della pianura padana durante la quarantena potrebbe essere dovuto a un inverno particolarmente mite, conseguente al cambiamento climatico in atto, e non solo all’effetto del lockdown per il Covid, come ipotizzato negli scorsi mesi. E’ il risultato di uno studio condotto dall’Università della Basilicata nell’ambito di “OT4CLIMA, tecnologie Ot innovative per lo studio degli impatti del cambiamento climatico sull’ambiente” finanziato dal Miur nell’ambito dei “Progetti di ricerca industriale e lo sviluppo sperimentale nell’area specializzazione: aerospazio” di cui è capofila il Cnr.

Spesso, durante la quarantena, la riduzione dell’inquinamento in quell’area è stata collegata al blocco delle attività industriali. Sono state mostrate immagini da satellite, ampiamente riprese dai media, che fotografavano la riduzione del carico di NO2 sulla pianura padana, una delle regioni più inquinate al mondo. Dati che potevano apparire non immediatamente ovvi. Il lockdown di marzo, in un inverno tipico del Nord Italia, con tutte le persone chiuse in casa, avrebbe dovuto aumentare il livello di No2, o quantomeno compensare la riduzione dovuta a meno traffico e attività industriale, causa il ricorso al riscaldamento domestico.

Un’analisi più approfondita, condotta dal gruppo di ricerca dell’Unibas di cui fanno parte i docenti Angela Cersosimo, Guido Masiello e Carmine Serio, ha permesso di stabilire che “la diminuzione dell’inquinamento è piuttosto il risultato di un inverno particolarmente dolce, conseguente al cambiamento climatico in atto. Potrebbe sembrare un evento positivo, tuttavia indica che il cambiamento climatico modifica gli ambienti naturali e antropici”. I ricarcatori dell’Unibas hanno quindi analizzato l’inquinamento da NO2 sulla pianura padana, come osservato dallo strumento “Tropomi” a bordo del satellite europeo “Sentinel 5P”. Le osservazioni satellitari sono state validate con stazioni a terra. Si tratta quindi di uno dei primi studi realizzati per dimostrare che l’osservazione satellitare è in grado di stimare i livelli d’inquinamento vicino al suolo. Conseguentemente, il team ha usato la metodologia sviluppata per analizzare l’inquinamento di NO2 anche nel lockdown.

Dal confronto dei dati con l’inverno passato (2018-2019) si evince che “quest’anno l’inquinamento è diminuito soprattutto per conseguenza dell’inverno più caldo da quando sono disponibili misure quantitative della temperatura dell’aria (fonte Ecmwf). Il lockdown, che di fatto è iniziato il 9 marzo 2020, si è sovrapposto a un effetto di riduzione già notevole dovuto a un inverno praticamente inesistente. Confrontando le mappe mensili di NO2, in unità di Dobson, tra dicembre 2018 e marzo 2019 e tra dicembre 2019 e marzo 2020 “è evidente che la diminuzione dell’inquinamento è già presente a dicembre 2019 e prosegue a gennaio e febbraio 2020, ben prima del lockdown iniziato a partire dal 9 Marzo 2020”.

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https://www.mdpi.com/2072-4292/12/14/2212/html