Dall’Abruzzo alla Sicilia il 2024 parte con una sfida epocale: il Sud è uno ed è unitario, le politiche di sviluppo seguono una traiettoria di sostegno e incentivazione uguale dalla Maiella al Pollino, da Nola a Gioia Tauro, grandi aree industriali e piccoli comuni, un’unica grande zona economica che dovrà essere sostenuta perché sia competitiva non tra le singole regioni ma con altre aree europee demograficamente al di sotto dei circa 20 milioni di cittadini che vivono nel Mezzogiorno d’Italia. Così Eni Basilicata in una nota.
Dal 1° gennaio è partita la sfida della Zes unica, la riforma voluta dal ministro Fitto, sulla quale si gioca la partita dello sviluppo insieme a quella che, nei prossimi tre anni, cioè a fine 2026, dovrà garantire il raggiungimento degli obiettivi del Pnrr, rivisto e corretto. Una base di partenza c’è in Basilicata, con il lavoro già svolto dal commissario di Governo uscente della Zes jonica, Floriana Gallucci, ma obiettivamente la Basilicata stentava, nel vecchio perimetro della zona economica speciale disegnata a ridosso del porto di Taranto, con una geografia improbabile che andava dall’area industriale di Tito a quella della Val Basento.
Con la riforma, allo sportello unico digitale avranno la possibilità di produrre istanze per le facilitazioni amministrative e fiscali tutte le imprese che qui insistono. E se aggiungiamo che, dagli ultimi dati Istat, è proprio il Mezzogiorno che fa registrare una maggiore vivacità del sistema industriale (in un anno nel 2022 le PMI sono aumentate del 3,1 per cento con una media superiore, anche se di poco, di quella nazionale ferma al 3 per cento) è evidente che le nuove politiche pubbliche rappresentano una scelta strategica per l’intero sistema Italia e non solo per il Mezzogiorno. Insomma anni di piani e accordi per il Sud per tornare ai fondamenti del pensiero meridionalista, ripartire dal Mezzogiorno, perché “l’Italia sarà quello che il Mezzogiorno sarà”.