Magistratura e politica: un nodo da sciogliere

Giuseppe Giuzio. La delicata e complessa questione che investe i rapporti tra magistratura e politica, si sta riproponendo continuamente e merita maggiore attenzione anche alla luce di alcuni provvedimenti giudiziari, poi risultati privi di reale riscontro, che hanno indotto, negli ultimi 20 anni, in qualche caso, la politica a rideterminare ruoli e funzione al suo interno.
Attorno al tema del rapporto tra magistratura e politica, nell'opinione pubblica, si registra ormai una frattura netta: se il 41% degli italiani considera i magistrati al servizio "di tutti", il 46% vede la magistratura come collaterale al potere politico (dati Demos), diventando negli ultimi 20 anni, fattore di divisione, smarrendo il suo ruolo di riferimento condiviso: la fiducia nei suoi confronti, negli anni, è scesa dal 51 al 35%.
Va fatta una seria riflessione sulla rideterminazione del rapporto tra Magistratura e Politica: il politico è rappresentante del popolo e come tale merita garanzie per lo svolgimento delle funzioni a cui è chiamato: un avviso di garanzia, un rinvio a giudizio o una sentenza non definitiva, non possono essere elementi tali da indurne le dimissioni inficiando la volontà popolare.
La presunzione di innocenza deve valere fintanto che la sentenza sia divenuta definitiva.
Il sistema Giustizia va riformato introducendo principi che meglio consentono il reale funzionamento del processo accusatorio con  sostanziale parità di poteri tra pubblica accusa e difesa: tanto è possibile solo attraverso l’introduzione della separazione delle carriere tra Giudice e Pubblico Ministero. Il tema è quello della “piena legittimità tecnica dei mezzi processuali a disposizione dei soggetti indagati”, rispetto al quale, nell'ottica della realizzazione di un garantismo efficace ed efficiente, deve riconoscersi piena centralità alla difesa e più in generale ad un ruolo protagonista dell’avvocatura.
Vanno limitate le intercettazioni telefoniche riservandole solo per ipotesi di reati gravissimi.
Va meglio individuata la responsabilità personale dei Magistrati per le ipotesi di dolo o colpa grave.
In altri termini il tema centrale, nell’ottica della cultura della legalità e delle istituzioni di garanzia, è costituito dall’esigenza di avviare un’analisi ed una progettazione legislativa concreta che si proponga di riformare il sistema giustizia nei suoi “gangli amministrativi e processuali”, superando in tal modo, quella “modernizzazione imperfetta”, che anche in questo campo caratterizza il sistema italiano.
Per richiamare le analisi di Zagrebelsky (Il diritto mite. Legge, diritti, giustizia, Torino, 1992), e per concludere sul tema delle invadenze reciproche fra giustizia e politica, rimangono centrali quelle affermazioni secondo cui “Tra Stato costituzionale e qualunque ‘padrone del diritto’ c’è una radicale incompatibilità. Il diritto non è oggetto in proprietà di uno ma deve essere oggetto delle cure di tanti e, come non ci sono 'padroni', così simmetricamente non ci sono ‘servi’ del diritto”.
Solo in questo modo uno stato può definirsi democraticamente organizzato con la giusta e reale divisioni tra i suoi poteri e le sue funzioni.
Insomma una linea di demarcazione chiara tra Magistratura e Politica tale da impedire che l’una funzione possa interferire sull’altro potere e viceversa.