di Anonymous - I tagli? Macchè, hanno scherzato. Napolitano, non potendo più essere contemporaneamente capo dello Stato e premier, come accadeva con Monti ed Enrico Letta, decide di fare il capo dell'opposizione e blocca il taglio della spesa, creando un altro problema a Renzi, che di problemi ne ha già molti di suo.
È il segno di una maggioranza che a Palazzo Madama dovrà sempre affidarsi alla fortuna. Non proprio il massimo per chi deve scalare le riforme istituzionali e, ancora più difficile, portare l'Italia fuori da una crisi senza fine. E, sottotraccia, la situazione deve essere ancora più rischiosa se nel Pd commentano che il voto è andato meglio del previsto. Non è neppure un caso che Maria Elena Boschi, ministro delle Riforme, in mattinata avesse annunciato che sul decreto il Consiglio dei ministri avrebbe messo la fiducia. La fiducia è sempre un atto di debolezza. È il segnale che si temono imboscate. Ma il punto paradossale è proprio questo. Non sono tutti d'accordo nel tagliare la spesa pubblica?
Napolitano continua ad essere preoccupato e invita ad andarci piano con la spending review. Quella del presidente non è soltanto una nostalgia di statalismo, in fondo scontata per un ex comunista. Non è neppure la preoccupazione per lo stipendio del capo ferroviere Moretti. Il presidente interviene per tutelare due lobby antiche e influenti. Quali sono infatti le categorie pubbliche che guadagnano di più? Magistrati e diplomatici. Ecco che qui la ratio delle preoccupazioni quirinalizie si svela. Tutto torna, tranne i conti pubblici.