Sorgenti Radioattive e perdite all'oleodotto Eni: la mafia uccide, il silenzio pure?

POTENZA - Mentre la Commissione Europea, in risposta ad una interrogazione del portavoce M5S Piernicola Pedicini, annuncia di aver avviato un’indagine sui reali impatti sanitari e ambientali del business estrattivo in Val d'Agri, sulla medesima questione la Regione Basilicata è un “porto delle nebbie”. Nell’ultima seduta di consiglio regionale si è avuta conferma dell’immobilismo e dell’inconcludenza della Giunta Pittella dinanzi alle sempre più pesanti e insostenibili ricadute dell’industria estrattiva: il petrolio per i lucani sembra essere sinonimo di progressivo impoverimento e di irreversibile inquinamento del territorio e delle risorse idriche. Nonostante ciò, in Regione Basilicata, il petrolio pare aver trovato un tetragono sostenitore: è l’assessore all’ambiente e alle infrastrutture, Aldo Berlinguer, il quale rispondendo alla nostra interrogazione sull’impiego di sorgenti radioattive (tecnica usuale nel fracking) presso i pozzi petroliferi di Corleto Perticara (Potenza) ha candidamente ammesso che la Regione Basilicata non ha ancora ricevuto informazioni in merito. Berlinguer ha anche confermato l’episodio della sonda “Baker Hughes” rimasta incastrata nel sottosuolo in agro di Corleto. La patomima di Berlinguer diventa agghiacciante quando, facendo spallucce, ammette che “gli uffici regionali non hanno contezza” e che la documentazione in possesso degli uffici regionali sarebbe “monca” rispetto a quella in possesso della Prefettura. Ritorna in mente il caso dei dati dei campioni di acqua prelevati sui reflui radioattivi trattati a Tecnoparco: ma siamo veramente sicuri che questa radioattività sia del tutto “naturale”? Stessa reticenza sui nostri quesiti sulla presunta corrosione dell’oleodotto ENI Viggiano - Taranto che la stessa ENI attribuisce a presunti sabotaggi, omettendo di considerare (volutamente?) uno studio dell’Università di Genova che evidenziava la presenza di ben 25 anomalie nell’oleodotto ENI dovute “a difetti per corrosione identificati come mancanza di metallo sulla superficie della condotta”. Anche qui Berlinguer, Pittella o chi per loro, si sono limitati a richiedere informazioni ad ENI e ai ministeri competenti, senza peraltro ricevere alcuna risposta. Scena muta. Intanto, il tempo passa e i danni sembrano non avere mai un responsabile e un colpevole: lo stupro della nostra terra continua indisturbato. Messi davanti ai fatti e ai misfatti sul petrolio, Pittella e il suo fido Berlinguer, confermano la loro completa sudditanza psicologica nei confronti delle multinazionali petrolifere. Ci piacerebbe, invece, che assumendo la posizione eretta, con schiena dritta il Presidente e l’Assessore all’ambiente pretendessero risposte, dati e informazioni, anzichè limitarsi a emulare il ducetto di Firenze con slides farlocche e “operazioni verità” che orwellianamente elidono le verità più scomode. “Non c’è impunità per chi colloca bombe o devasta il territorio”, scrive Massimo Pillera: da inguaribili sognatori vorremmo fosse così anche in Basilicata. E, invece, “ti sembra di ascoltare in sottofondo un canto: “nessun parli…” una nuova aria si impone nell’indifferenza complice che non si ode, ma è maleodorante come il petrolio”. Al momento, oltre a presentare nuovamente le nostre interrogazioni, attendiamo fiduciosi l’esito dell’indagine che sarà avviata dalla Commissione Europea. La mafia uccide. Il silenzio, pure? Lo riferisce in una nota Gianni Perrino, capogruppo M5s in Consiglio regionale.