In Puglia da qualche giorno è possibile richiedere un contributo economico per accedere alla crioconservazione degli ovociti per fini sociali, nota anche come “social freezing”. Questa pratica, già attuabile in Italia ma con costi notevoli, offre uno strumento concreto di aiuto alle tantissime donne che, per ragioni legate alla stabilità economica o affettiva, sono costrette a mettere da parte i progetti di maternità e, quando realizzano le condizioni per farlo, spesso devono scontrarsi con il fisiologico calo della qualità ovocitaria e hanno come unica alternativa il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita.
Come questo si ripercuota sulla natalità ce lo dice il Rapporto sullo stato della popolazione del mondo 2025 realizzato dal Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa), dal titolo “La crisi reale della fecondità”, che colloca l’Italia tra i paesi con il minor tasso di fertilità tra i 14 presi in esame, superata solo dalla Corea del Sud e dalla Thailandia. Il 30% degli italiani intervistati afferma che sono proprio la precarietà economica e l’instabilità lavorativa le principali ragioni che inducono a mettere da parte il desiderio di un figlio. A ciò si aggiunge la carenza di adeguate politiche che promuovano la parità di genere e garantiscano la conciliazione dei tempi di lavoro con quelli familiari: nel 2024 nella sola regione Basilicata oltre 200 donne hanno dovuto rinunciare al lavoro per potersi dedicare alla famiglia.
Oggi quindi noi donne, spesso dopo anni di studi e dopo aver acquisito elevate qualifiche professionali, ci troviamo ancora davanti al bivio lavoro-famiglia e siamo costrette o a rinunciare alla realizzazione professionale o a scegliere di vivere in realtà che offrono adeguate reti di supporto alla genitorialità, il che significa inevitabilmente lasciare la Basilicata.
Pratiche come il social freezing vanno proprio nella direzione di superare questa empasse e fornire anche uno strumento di contrasto allo spopolamento che affligge molte regioni, specie del Sud Italia. La Puglia lo ha capito bene ed è stata la prima regione italiana a fornire un aiuto concreto e pubblico alle donne in età fertile che vogliono accedere alla conservazione dei propri ovociti ma non possono farlo, per i costi che la pratica comporta.
E la Basilicata? Resta a guardare e tiene nei cassetti delle commissioni competenti la proposta di legge a nostra firma, depositata ad aprile, che consentirebbe anche alle donne lucane di fruire di contributi per accedere al social freezing e prevede anche percorsi di screening della fertilità sia femminile che maschile, per accendere un faro su un problema che affligge sempre più lucane e lucani.
Quando abbiamo provato ad aprire il dibattito in consiglio regionale ci siamo scontrate con posizioni intrise di moralismo e perbenismo, che di politico nulla hanno, tacciate persino di voler “manipolare la biologia”, altri ci hanno opposto il classico argomento della carenza di risorse, tanto che abbiamo depositato emendamenti alla nostra proposta di legge volti proprio a renderla più sostenibile dal punto di vista finanziario ma, ad oggi, registriamo un totale disinteresse della maggioranza consiliare.
Ora che i riflettori sulle campagne elettorali si sono spenti, ci auguriamo che Bardi e i suoi trovino finalmente il tempo di dedicarsi a proposte di legge che parlino di futuro e intercettino i cambiamenti sociali che anche la Basilicata sta vivendo. Sul social freezing non saremo i primi, la Puglia, a cui va un plauso, ha tracciato la strada ma anche un secondo posto è sempre meglio dell’ultimo che la Basilicata stabilmente occupa in molte classifiche. E quelle sulla natalità non fanno eccezione.
Viviana Verri, Alessia Araneo (Consigliere regionali M5S Basilicata)
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