Avevano scommesso tutto sul Piano Sanitario Regionale, celebrato come lo strumento di svolta del settimo anno del governo Bardi e, invece, ancora una volta, fumata nera.
Il piano sanitario regionale, di fatto, non esiste ancora, al di là di slogan, presentazioni rumorose e sorrisi. Esistono invece i fatti che, sul territorio, certificano l’esatto contrario, cioè la riduzione concreta dei servizi essenziali, a partire dalla continuità assistenziale e dalla rete dell’emergenza nelle aree interne.
In questi giorni circolano – e sono agli atti – comunicazioni formali dell’ASP che segnalano turni festivi coperti non da presenza medica, ma in modalità di “reperibilità telefonica” e, in altri casi, spostamenti di attività tra Comuni per indisponibilità di medici. È un segnale gravissimo: quando la “guardia medica” diventa un numero da chiamare o viene trasferita su altri presìdi, si scaricano sui cittadini distanze, tempi e rischi, soprattutto per anziani, fragili e per chi vive nelle aree più periferiche.
Non è un episodio isolato. È la fotografia di una sanità territoriale che arretra, mentre le liste d’attesa restano fuori controllo, cresce la mobilità passiva e aumenta la rinuncia alle cure. È esattamente ciò che denunciamo da mesi in Aula e nei territori: senza personale e senza una programmazione vera, il sistema si regge su soluzioni tampone e su una narrazione comunicativa che non coincide con l’esperienza reale delle persone.
A questo si aggiunge la questione politica centrale: il Piano Sanitario Regionale, annunciato più volte come imminente, continua a non arrivare. Nel frattempo però si assumono decisioni e si compiono scelte organizzative che incidono pesantemente su rete ospedaliera e territoriale, senza una cornice trasparente e condivisa. È un metodo sbagliato e pericoloso: prima si interviene, poi si promette un Piano che dovrebbe spiegare cosa si è fatto e perché.
Il tutto avviene mentre la Basilicata è chiamata a mettere a terra le risorse del PNRR, rafforzare la medicina di prossimità, rendere operative Case e Ospedali di Comunità, potenziare il 118 e ridurre le attese. Ma le cittadine e i cittadini, oggi, vedono soprattutto: turni scoperti, servizi compressi, personale insufficiente, precarietà organizzativa e disuguaglianze territoriali crescenti.
Per questo chiediamo alla Giunta regionale e all’assessore Latronico:
1. Chiarezza immediata sui turni di continuità assistenziale e sulle coperture reali nei presìdi territoriali, con un quadro pubblico per Distretto e per Comune.
2. Un piano straordinario per il personale (medici di continuità assistenziale, 118, medicina generale, infermieri), con incentivi mirati per aree interne e sedi disagiate.
3. Cronoprogramma pubblico e vincolante sul Piano Sanitario Regionale: data di approvazione in Giunta e data di discussione in Consiglio, senza ulteriori rinvii.
4. Misure verificabili su liste d’attesa e presa in carico territoriale: non annunci, ma risultati misurabili e accessibili.
5. Tutela reale delle aree interne: nessuna riorganizzazione può trasformarsi in arretramento di servizi, perché significherebbe spingere i cittadini verso il privato o verso l’emigrazione sanitaria.
La sanità non è propaganda, e non si governa con comunicati ottimistici mentre gli atti raccontano che nei giorni più delicati dell’anno si ricorre alla “reperibilità” come sostituto della presenza. Su questo continueremo a incalzare la Giunta, dentro e fuori il Consiglio regionale, accanto alle comunità e agli operatori sanitari.
Alessia Araneo, Viviana Verri (Consigliere regionali – Movimento 5 Stelle Basilicata)

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