"Marco, ora insegna agli angeli ad impennare"


RIMINI. "Passatemi un pennarello per far firmare anche a me lo striscione dei tantissimi amici, 'Marco, ora insegna agli angeli ad impennare'. Ora fate sottoscrivere anche a me le parole di papa' Paolo: 'Dicono che Dio trapianti in cielo i fiori piu' belli per non farli appassire, credo che sia cosi'". Il vescovo di Rimini, monsignor Francesco Lambiasi, ha inserito anche queste parole nella sua omelia durante i funerali di Marco Simoncelli in una gremitissima chiesa, con presenti numerosi assi del motomondiale, a cominciare da Valentino Rossi, e in una ancor piu' gremita piazza di Coriano, dove i maxischermi rimandavano le immagini delle esequie. Parole, con tono calmo e lento, che hanno toccato l'animo della gente, commosso e spinto alle lacrime, chi in maniera nascosta e pero' messo a nudo dalle telecamere impietose che 'entravano' nella folla, e chi invece senza il pudore di mostrare sconforto e dolore per questa grave perdita, prima personale e poi legata al mondo dello sport. Il vescovo il primo pensiero l'ha avuto per i genitori, la sorella e la fidanzata di Marco. "Io non ho vissuto il dolore lacerante che vi brucia in cuore ma permettetemi di venire a voi con l'abbraccio di tutti, con la preghiera. Vi confesso che per il groviglio dei sentimenti nel mio cuore ho fatto fatica - ha detto mons. Lambiasi - a trovare le parole piu' giuste per questo momento. Fatemi citare allora quelle del nostro piccolo grande don Oreste Benzi: il giorno che mori', il 2 novembre di quattro anni fa, di fronte alla sua salma appena composta trovammo scritto sul suo libretto, pane quotidiano, questo pensiero profetico: 'Nel momento in cui chiudero' gli occhi a questa terra, la gente che sara' vicino dira' "e' morto", in realta' e' una bugia, sono morto per chi mi vede, per chi sta li', ma in realta' la morte non esiste perche' appena chiuso gli occhi a questa vita li apro all'infinito di Dio'. So di condividere con voi, spero con tutti, questa incrollabile certezza". Il vescovo di Rimini ha ricordato di aver incontrato Marco una volta solo, l'8 dicembre 2010, alla cresima della sorella Martina, "ma ora che ho scoperto la sua schiettezza e la sua bonta' mi prende un amaro rimpianto, quello di non aver provato a diventargli amico. Sono sicuro che un amico cosi' libero, trasparente, generoso come lui non mi avrebbe respinto per il solo fatto di essere io anziano o vescovo, anzi con lui avrei potuto discutere, perfino litigare, di quelle belle litigate che si possono fare solo tra amici". Poi pero' mons.
Lambiasi e' arrivato al cuore di quello che tutti fanno ogni qualvolta scompare qualcuno prematuramente, a quella che e' una domanda inesorabile anche per l'uomo di fede, e che "percuote" lo stesso cuore di un vescovo: "Perche' Marco si e' schiantato domenica scorsa alle 9,55 sull'asfalto dell'autodromo di Sepang?". Lambiasi ha riconosciuto "non posso cavarmela ora con risposte preconfezionate, reperibili sulla bancarella delle formule pronte per l'uso. Alle volte noi credenti pensiamo di svignarcela con l'allusione enigmatica ad una indecifrabile volonta' di Dio". Ci ripetiamo instancabili "e' la volonta' di Dio' e non ci rendiamo conto che sbandierando parole senza cuore rischiamo di far bestemmiare il suo santo nome". Il vescovo ha aggiunto "Il mio animo si ribella all'idea volgare di un Dio che si autodenomina amante della vita e che si rivela come il Dio che ha creato l'uomo per l'immortalita' e poi si apposta dietro la curva per sorprendermi con un colpo gobbo o una vile rappresaglia. Permettetemi di ridire sottovoce a me e a voi qual e' questa benedetta volonta' di Dio, ma non con parole mie ma con quelle pronunciate da suo figlio sotto i cieli alti e puri della Palestina mentre a Rimini si stava ultimando il ponte di Fidelio".