“Normale: conforme alla consuetudine, regolare, abituale”. Non c’è nulla di male nella normalità, ma quella di cui CASPIO parla in questo brano è artificiosa, alienante, ci svuota del nostro tempo e di quello che siamo veramente, ci continua a chiedere sempre di più fino a sfinirci. Non sappiamo perché inseguiamo questo tipo di normalità, forse “perché la gente ci guarda”. Ma se quella gente non ci stesse davvero guardando e fosse proprio “normale” come noi?
Con questo brano in pieno stile Pixies, CASPIO anticipa il suo primo album in uscita quest'inverno con distribuzione Believe Music Italia.
La mia storia musicale inizia con l’adolescenza, quando ormai gli anni ‘90 stavano volgendo al termine. Ma gli anni ‘90, a quel punto, c’erano stati, eccome se c’erano stati! Così, legati un po’ al passato, io e la mia musica siamo perennemente fuori, non di tendenza. Proprio per tornare a quelle che considero le mie radici, oggi chiudo con l’elettronica e torno all’essenziale, al grunge, al rock, alla musica suonata davvero, talvolta distorta, talvolta pure imprecisa. Lo faccio nel tentativo di raccontare la mia generazione e per rivolgermi a quelle successive, per raccontare a tutti di quel futuro tanto promesso ma che non arriva mai, per raccontare un mondo tutt’altro che perfetto che, però, ti chiede di esserlo.
Trieste e la Basilicata possono sembrare due realtà lontanissime, ma forse abbiamo delle cose in comune, come l’essere in realtà periferiche. Come vivi il fatto di essere lontano “da tutto”?
Le città di confine, così come le realtà periferiche, sono piene di contraddizioni. La loro ricchezza sta nella diversità, il loro svantaggio nell’isolamento. Trieste, in particolare, ha una dimensione talvolta confidenziale e ristretta, talvolta quasi fastidiosamente carnevalesca. Non so se la Basilicata le somiglia, ma già il fatto che le alture abbiano una finestra sul mare, così come Trieste, mi dà l’impressione che una spinta a fuggirne - per quanto la si ami - ci sia anche lì.
E che cosa ti ha dato Trieste dal punto di vista musicale? E come ha influito una realtà del genere sul tuo percorso?
Trieste, come molte città di mare in cui l’inverno è particolarmente rigido, mostra queste due personalità: quella allegra e spensierata in estate e quella malinconica e suggestiva in inverno. È una città di marinai e di scrittori. O si naviga o si diventa artisti.
I tuoi brani, e lo stesso ultimo singolo “Normali”, parlano spesso di routine, gabbie, e normalità, appunto. Come mai temi del genere ti sono così vicini? Può centrare il discorso sulla provincia che dicevamo prima?
La normalità è un concetto complicato e controverso. Pur essendo, per definizione, una condizione tipica e conforme, in realtà è soggettiva. Qualcuno la cerca, qualcun altro ne fugge. In una città come la mia, proprio perché bipolare e controversa, di “normali” ce ne sono pochi e, forse, ce ne vorrebbero di più.
A che periodo della tua vita fa riferimento “Normali”?
Ad oggi. A quello che sono diventato e a quello che sono sempre stato. Mi sono sempre sentito perennemente fuori dal tempo, mai di tendenza. E di questo ne sono felice perché, personalmente mal sopporto la normalità. Però oggi sono anche consapevole del fatto che se riuscissi a crogiolarmi in un po’di normalità, quella giusta, forse potrei anche trarne beneficio.
E cosa puoi raccontarci del tuo disco in uscita?
Rispetto al passato questa volta ho suonato. Suonato davvero. Sono tornato alle mie origini, alla musica che fa un po’ di casino, quella un po’ distorta, che con il volume alto tira giù le pareti. Il mio nuovo disco sono io.
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